venezia 13 febbraio 2011

venezia 13 febbraio 2011
VENEZIA 13 FEBBRAIO 2011 - (manifesto - su idea di Chiara Mangiarotti, realizzazione di Giulia Pitacco)

lunedì 6 dicembre 2021

FLASH MOB 30 NOVEMBRE 2021


Noi donne di senonoraquando? di Venezia non celebriamo oggi un rito con voi che siete qui, ma onoriamo un impegno che diversi anni fa abbiamo preso con le donne che non ci sono più che non hanno più voce , donne che non posso più occupare un loro posto su una sedia.
Il nostro vuole essere un atto politico di affermazione.Nel volantino di comunicazione del flash mob di oggi abbiamo scelto di mettere delle scarpe rosse di donna. E' un simbolo ricorrente da tanti anni .
Dal 2009 da quando l'artista messicana Elina Chuavet ha scelto per la sua installazione il colore rosso e le 'zapatos rojos' le 'scarpette rosse' a simbolo del cammino delle donne vittime di violenza.
Questo lungo e interminabile cammino ci porta oggi qui a fare questa strada , anche se per pochi minuti, a fianco delle donne che non ci sono più , colpite nel loro corpo in modo definitivo.
A dare la nostra voce nominandole una per una .
Sono tanti i nomi che leggeremo; dal 2012 sono 1080 le donne vittime di femminicidio, una ogni 3 giorni. Ogni giorno 89 donne sono vittime di reati di genere.
Le contiamo, leggiamo le loro storie, conosciamo qualcosa che ci viene raccontato delle loro vite, i figli che lasciano, gli affetti perduti, chi é e perchè un uomo ha deciso di mettere fine alla loro esistenza con un gesto feroce , un gesto di potere troppo spesso raccontato in modo ambiguo.
Ambiguità a volte trasmessa anche dalle parole sbagliate e paradossali di una giornalista.

Questo gesto non si chiama omicidio ma femminicidio.

Una donna uccisa durante una rapina non é femminicidio. Sono vittime di femminicidio le donne uccise perché si sono rifiutate di comportarsi secondo le aspettative di un uomo. Questa è una guerra, una guerra di uomini che si armano per uccidere le donne come risposta ad una volontà di autonomia , di libertà, di cambiamento dopo anni di violenze fisiche e psicologiche.


Le parole sono potenti e oggi le vogliamo dire con i versi di canzoni, con la lettura di alcuni Landai, che sono brevi poesie che le donne afghane compongono e si scambiano anonimamente per condividere sofferenze, violenze, con le voci di uomini, amici delle donne, che hanno deciso con la loro presenza di dire pubblicamente che non sono complici di quegli uomini assassini e che con noi leggeranno i nomi delle donne che non ci sono più.

Ma continuiamo a chiederci cosa fare come fare perché questa strage si fermi.

Noi sappiamo tutto di questa strage, dove nasce, qual'è la sua radice.

E la sua radice è la cultura patriarcale che continua a segnare la nostra società.

Abbiamo detto in tanti anni e in diverse situazioni anche istituzionali che sono urgenti azioni coordinate di prevenzione attraverso progetti nelle scuole di ogni ordine e grado che educhino i giovani al rispetto e alla reciprocità, corsi di educazione sessuale per una sessualità consapevole e libera da stereotipi di genere.

Ma si oppone a tutto questo anche la delirante posizione di chi scambia l'educazione ai sentimenti e alle emozioni e al rispetto delle differenze per un attentato alla appartenenza al proprio sesso biologico.

Si dicono tante parole ma le parole non servono se non si trasformano in realtà e decisioni.

Servono priorità politiche , atti concreti che diano il segno inequivocabile di voler scardinare le resistenze culturali di una politica segnata profondamente e a tutti i livelli dal potere maschile.

Noi crediamo che fino a quando la politica, l'economia non assumono come fondamentale il valore delle donne facendone progetto strategico di un paese intero , dovremo continuare a contare

i numeri delle donne uccise, violate, maltrattare, stuprate, vittime di una società che pensa a torto di poter far a meno di noi e dovremo continuare a camminare a fianco delle donne uccise con le nostre “zapatos roios”,



                     
Demis, Loris, Enrico e Davide assieme a Gabriela, Laura, Franca leggeranno i nomi delle donne che non ci sono più.

Davide ci dirà di uomini che come lui stanno facendo un percorso di presa di coscienza.

Monica Giori ha scelto alcuni brani e ce li farà ascoltare con la sua voce e la chitarra.

Elvira delle 'voci di carta' reciterà alcuni Landai e due poesie di donne afghane.

Ancora qualche parola che non possiamo fare a meno di dire in chiusura del nostro flash mob .

Dieci anni fa , l'11 maggio del 2011, un primo gruppo di Stati europei firmò un trattato che per la prima volta dichiarava la violenza di genere “ strutturale” e con “ radici storiche fondate sull'ineguaglianza tra uomini e donne” , la Convenzione di Istanbul.

E' in atto una crociata in alcuni paesi europei contro l'autodeterminazione delle donne , contro i diritti e le libertà riconosciuti e protetti dalla Convenzione.

La Turchia il 2 luglio si è ritirata in modo ufficiale dalla Convenzione. Negli ultimi 5 anni in Turchia c'è stato almeno un caso al giorno di femminicidio.

In Polonia la Convenzione di Istanbul è stata definita dal Ministro della Giustizia “ un'invenzione femminista che ambisce a giustificare l'ideologia omosessuale” richiedendone il ritiro.

In Polonia Izabela , 30 anni, é morta di infezione perché non poteva abortire , perché il tribunale Costituzionale ha stabilito che gli aborti per difetti congeniti del feto non sono costituzionali. Da questo anno in Polonia l'aborto non é più consentito tranne in pochissimi casi .

A Mazar i Sharif, a nord dell'Afghanistan, Frozan Safi, 29 anni, attivista per i diritti delle donne, é stata trucidata dai talebani assieme ad altre 3 donne.



E' stata riconosciuta dai suoi vestiti , aveva ferite da proiettile in tutto il corpo, il viso era distrutto.

Tutta questa ferocia ci sconvolge e ci stringiamo

a tutte quelle nostre sorelle che nel mondo subiscono ogni tipo di violenza, fisica, psicologica , economica, culturale. Sono sempre i nostri corpi e le nostre menti che vengono in tanti modi diversi annullati, sviliti, mortificati.

Sono i nostri diritti e le nostre libertà faticosamente raggiunte con anni di lotte, impegno e determinazione che vengono attaccati e spesso erosi lentamente ma con pervicacia , senza far troppo rumore.

Per questo dobbiamo stare attente, dobbiamo vigilare perché lo sappiamo che i diritti non sono per sempre.






1 commento:

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